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<!– Le radiazioni nel cervello –>


<IMG
SRC="http://img846.imageshack.us/img846/376/xsjapanmar2011supermark.jpg&quot;
ALT="Supermercato giapponese, marzo 2011"

Ho da fare, ma non posso rifiutare di ascoltare
Youko
su MSN. Youko è una donna ormai matura, d’intelligenza straordinaria ma con lo
sviluppo emotivo di un’adolescente. Ha tanta paura. Lei abita a Tokyo ma suo
padre, morto l’anno scorso, era di Fukushima. Lei manda soldi a Fukushima per i
bambini senza casa, come se fossero i suoi figli. Mi manda foto del suo nuovo
gattino. Lo nutre la vicina che diceva di odiare i gatti. In tutto il Giappone
si propaga un’onda di incredulità e solidarietà.

Mi manda foto fatte al supermercato. La roba da comprare a Tokyo c’è, ma ci
sono cartelli scritti a mano “non più di due litri d’acqua a famiglia; grazie
per la collaborazione”. Il problema è che a Tokyo non c’è acqua potabile – al
supermercato è razionata, e quella nel rubinetto contiene 131I (iodio
radiottivo) oltre ai trialometani cancerogeni di sempre.

Ce l’ha con il suo governo. Dice che “石原はBerlusconiよりばか” – Ishihara (il loro primo ministro) è
più stronzo del signor B.; forse le sostanze radioattive gli sono arrivate fino
alla testa e gli si è fuso il nocciolo del cervello (放射性物質が頭まで入っちゃってmeltdownなの). Replico che più stronzo di
Mr. B. è impossibile, ma forse siamo quasi sugli stessi livelli. Youko ha appena
scoperto che il governo può mentire e lo fa. Non ci aveva mai pensato. Le giunge
come uno shock.

Piange per i moderni martiri che eroicamente si sono sacrificati per
raffreddare i reattori. Alcuni disfattisti dicono che è la fine del Giappone
orientale. Non vuole crederci, ma ha paura di morire.

Le dico che non morirà, non ancora.

Vorrei tanto abbracciare questa donna che non ho mai visto.


Youko:

Youko – frustrazione alla giapponese

Nun’è peccato, con rispetto parlando

Amiche in crisi

Pietre salvavita

<!– Galeotto fu il kanji –>

Appena la vedo, capisco che è giapponese. È qualcosa nel suo sguardo, oppure il
suo modo di ridere. Non sta parlando con nessuno; posso irrompere senza
interrompere. Mi avvicino immediatamente.


日本人ですか。

Nihonjin desu ka?

[È giapponese?]


(pausa; intanto mi scruta.)

うん。

un. (annuendo).

[a-ha.]


前は日本語が出来ましたが、

Mae wa nihongo ga dekimashita ga,

[Prima lo parlavo benino il giapponese,]


もう使わなくてから、ほとんど忘れてしまいました。

mou tsukawanakute kara, hotondo wasurete shimaimashita.

[ma ora non lo uso mai e ho dimenticato quasi tutto.]


でも、練習したいんです。

Demo, renshuu shitai ndesu.

[Mi piacerebbe fare pratica.]


日本語で話させてまらえますか。

Nihongo de hanasasete moraemasu ka.

[Mi farebbe il grande piacere di farmi esercitare?]


(silenzio)


ちなみに、フアンといいます。

Chinami ni, Juan to iimasu.

[A proposito, mi chiamo Juan.]


お名前は?

O-namae wa?

[E lei?]


(silenzio)


大丈夫?分かる?

Daijoubu? Wakaru?

[Va tutto bene? Mi capisci?]

È così che ho conosciuto Takami. È una studentessa. Non riesco a darle un’età.
Potrebbe avere qualsiasi età dai venti portati male ai trenta portati bene, il
che comprende anche i trentacinque. Carina, bel sorriso, abbastanza alta,
tettine e culetto a norma di legge.

Continuiamo a parlare per una buona decina di minuti in cui lei m’illustra i
kanji con cui si scrive il nome: “bellezza preziosa” – te pareva. Io fatico un
po’ con la ruggine linguistica: devo pensare a ogni parola prima di dirla, e
sotto stress suggerisco che è un po’ scortese sottrarla ai suoi amici italiani
(che poi è uno solo e ha una discreta faccia da imbecille), così passiamo
all’italiano. Ancora poche battute e concludo chiedendole se mi promette che mi
offrirà un’altra conversazione. “Con piacere”, risponde.

Non vedo l’ora di riprendere a studiare il giapponese.

<!– Sushi di cetriolo –>

Un invito all’ultimo momento: cena giapponese. Il nostro gruppo è
internazionale, ma il personale del locale è tutto strettamente italiano. Il
sedicente tenpura sembra fatto nella friggitoria sotto da me. Tenpura il
mio dito mignolo. Il sushi di pesce è abbastanza fresco da essere commestibile,
ma perché ci porta anche il sushi di cetrulo?
Fissazione fallica della piacente cameriera o desiderio del titolare di
risparmiare sulle materie prime? La seconda, temo. Pfui.

Conosco soltanto tre persone su undici. Le altre otto sono tutte donne. Una è
giapponese. Che bello, finalmente un po’ di pratica. はい、日本語は少しでも出来ます。勉強は3年間。 L’ho studiato quasi tre anni.
上手ですね。 Grazie, grazie, ありがとう。 Peccato che la tipa sia bruttina.

Un’altra è del nord ma vive quaggiù. Parla bene giapponese ma non ha un
bell’accento. Secondo me è interessata a entrambi – Juan e Juanito. Si siede
vicino a me che sono seduto vicino alla sua amica giapponese. Mi chiede se uso
Facebook.

Un’altra è inglese-giamaicana. Nera come un tizzone, gran culo e denti
bianchissimi un po’ sporgenti. Simpatica. Parla un po’ d’italiano. Ha un forte
accento londinese da working class. Where’d u pick
up yer accen’? I can’ place ya.
Molto simpatica. È l’unica che
come me non si vergogna di ammettere che ha ancora fame. Facciamo subito
comunella. Imito il suo accento che mi piace un sacco. Don’ worry, I know a guy tha’ makes wonderful pizzette, very
convenien’ly located jus’ roun’ the cornah.
Ci allontaniamo complici.
You speak like a bloody Ph.D., with all those complica’ed
words!
Ridiamo. Eppure non so perché, ma non mi attizza. Potrebbe venir
fuori una bella amicizia casta, però.

Un’altra è terroncella – è la più bella di tutte. Fisico quasi da urlo,
nasino all’insù. La ignoro intenzionalmente per tutta la sera – un po’ perché mi
tengo impegnato col giapponese, un po’ perché la moretta londinese è molto più
simpatica, un po’ perché se lasci capire a una terroncella che sbavi per lei hai
chiuso. Dopo la cena si avvicina senza puntare a me. Parla ad alta voce, ride in
modo troppo vistoso. Sospetto che voglia farsi notare dall’unico maschio nuovo.
Come fai di cognome? Hai detto che lo usi Facebook, vero? E due.

Un’altra è anche lei terroncella, ma ha una conversazione nulla ed è pure
orrida. Delete. La bruttezza mi fa male.

Durante la cena ricevo una telefonata. È una che
ha
molto da offrire
. Tento di liberarmene con gentilezza. “Sto cenando,
parliamo dopo?” – seh, magari. Chiudere la telefonata è un affare di stato.
M’incazzo.

Una delle tre persone che conosco mi chiede se la riaccompagno a casa. È una
vecchia amica. In gamba, intelligente, interessante, poliglotta, tutto.
Brutta però. La riaccompagno temendo l’invito a salire per un caffè. No, niente
invito. Sollievo.

Sono a casa. È una settimana che non scrivo niente. Provvedo. E finalmente un
po’ di relax.

<!– La giovane Satomi –>

Satomi è una ragazza sulla soglia dell’adolescenza, appena più giovane di Eliza. Anche Satomi ha l’aspetto da bambina:
corpo minuto e filiforme, visetto infantile. È carina, molto educata e appena un
po’ capricciosa. In altre parole: non è ancora una donna ma è totalmente
femmina. I miei rapporti con lei sono paterni, come se fosse una nipotina.

(io questa nipotina me la vorrei tutta interrogare)

(Caspita, citazione
colta
! Ma hai capito chi è Satomi? È quella bambina che dall’imbarazzo
ti eri tutto rattrappito.)

(oggesù avevo sentito nipotina mi sono imbrogliato
ora ho capito scusa scusa mi sto zitto e comunque mi ero arrugnato per mezzo
dell’acqua fredda)

(Era calda, l’acqua.)

(vabbuò sempre acqua era)

(E poi non avevi detto che stavi zitto?)

(vabbuò)

Le ho risposto calorosamente, invitandola immediatamente; con tutta la
famiglia, magari. Mi farebbe piacere averla come ospite per un po’. Peccato non sia
autonoma: l’ultima volta che l’ho vista non parlava una parola d’inglese, e da
come scrive oggi non sembra che la situazione sia migliorata.

Forse potrei affidarla alle amorevoli cure di Davide, che così avrà
l’occasione di esercitarsi con la conversazione giapponese. Se poi gli estrogeni
avranno prodotto in Satomi i cambiamenti del caso, forse l’esercizio potrà
estendersi ad altre attività; sempre che Davide non sia gay, come talvolta
sospetto.

<!– Japanese the Manga Way –>

Davide è un mio giovane amico appassionato di Giappone. Come per quasi tutti
i ragazzi della sua generazione (e in effetti anche per quelli della mia), sono
stati gli anime a stuzzicare il suo interesse iniziale, che poi si è allargato
alla cosiddetta “cultura giapponese”. Uso le virgolette perché non ho mai capito
cosa significhi “cultura giapponese”: la maggior parte degli “appassionati” non
sa chi siano Hokusai o Tanizaki.

Fatto sta che il suo interesse si è espanso fino ad includere la lingua; ogni
volta che ci vediamo mi chiede informazioni su spezzoni di dialogo captati in
qualche fansub. Qualche tempo
fa mi ha detto che vuole studiare il giapponese con un po’ d’impegno e mi ha
chiesto consiglio su come procedere. Ho risposto con un’altra domanda: “come
stai a inglese?”.

Ho individuato un libro che gli piacerà.
S’intitola Japanese the Manga Way
(マンガで学ぶ日本語文法,
“Grammatica giapponese che si impara con i manga”) e introduce tutti i costrutti
fondamentali della lingua con esempi reali: vignette tratte da fumetti veri.


Sample from 'Japanese the Manga Way' - A Topic by Itself (p.79)

Ho dato un’occhiata al libro e mi è piaciuto. È un po’ più voluminoso e più
dettagliato di quanto mi aspettavo; per un adolescente come Davide potrebbe
anche risultare un mattone. Le abbondanti informazioni grammaticali sono
proposte in un ordine che non è quello normale per un libro di testo, ma è
perfetto per iniziare immediatamente a pasticciare qualche frase corretta. Va
bene così, ma il rovescio della medaglia è che non si può usare come opera di
consultazione.

Se fossi stato l’autore, avrei aggiunto alla tavola dei kana i diagrammi con
le istruzioni su come scriverli (l’ordine dei tratti); sarebbe stato utile anche
un glossario per raccogliere tutte le parole introdotte negli esempi. Per
esempio, sarebbe un bell’aiuto poter trovare la vignetta 141 a pag. 74
cercando “order“, “coffee“,
o “chuumon” in un
indice delle parole; oppure trovare a colpo sicuro la vignetta
che introduce l’uso di
~sou(da/desu).

Nonostante queste osservazioni, i principali punti di forza dell’opera sono
vastità e completezza: per quello che ho potuto vedere, la grammatica di base è
trattata per intero e ci sono piccoli approfondimenti su argomenti avanzati come
gli onorifici. Mi piace che il libro introduca subito entrambi i registri,
gentile e informale; molti corsi per adulti non lo fanno, producendo così gaijin che parlano in modo permanentemente
ingessato.

クリスマスおめでとう、ダヴィデ。頑張って! Buon Natale, Davide, e
datti da fare!

<!– Chiavi di ricerca (2) –>

Un altro episodio sull’argomento “chiavi di ricerca”
(ecco il primo).
Così i viandanti della rete approdarono su questi lidi nel mese di novembre.


  • Come si dice sei cattiva in giapponese

    悪い(わるい)よ! (pron.: nanimo ienai, zenzen!)

  • Come si dice stronza in giapponese

    Un po’ monocorde, eh?

    くそばば! (pron.: nanimo wakaranai, boku!)

  • Cosa sono le scallops

    Un piatto che spesso si prepara con il pollo (poll scallops).

    Bastava cercare su Wikipedia.

  • Cosa usare per disboscare

    Lametta o ceretta;
    son gusti.

  • Cosa vuol dire luteal phase

    Ahi, ahi. Vuol dire “sei fregato, papà”.

  • Di cosa parla hide and seek

    Ancora non l’abbiamo capito.

  • Dialoghi col pene

    , ma non è un interlocutore molto interessante.

  • Dialoghi monologhi per bambini

    Per bambini proprio no.

  • Il mio amico del cuore

    Se sei carina te lo presento.

  • イタリアのコーヒー

    どうぞ。

  • Donne feci

    Qualcuna in effetti è proprio una stronza, ma non generalizzerei.

  • Gli uomini single scopano?

    Non sempre quanto vorrebbero, ma c’è il vantaggio della varietà.

  • Alga di uomini e donne

    Questa?
  • Pompini in italiano

    La lingua è importante sì, ma non in quel senso.

  • Cazzimma femminile

    Ci hai sbattuto il muso, eh?
    Anch’io.

  • Non mi toccare

    Aha, capisco.

<!– Dance Dance Dance –>


Viviamo in una società capitalista avanzata, dopotutto. Lo spreco ne è il
fondamento e la prima virtù. I politici lo chiamano “miglioramento dei consumi
interni”. Io lo chiamo spreco immotivato. Una questione di punti di vista che
non cambia il modo in cui viviamo. Se non mi sta bene, posso sempre andarmene in
Bangladesh o in Sudan.

Personaggi: tre squillo di lusso, fiscalmente detraibili e con nomi di non
più di quattro lettere; una fotografa con il vizio di sprecare le sigarette; un
attore di successo condannato a una vita sfavillante che in fondo non desidera;
una tredicenne spaventosamente affascinante che si divide tra musica rock e
visioni da medium; un poeta che affetta il pane divinamente senza usare né il
braccio sinistro (che non ha) né i piedi (che invece ha entrambi); una giovane
receptionist d’albergo che ama il proprio lavoro e non disdegna le lezioni di
nuoto né i bloody mary; un uomo vestito di pelli di pecora che fa più o meno il
centralinista, ama le temperature polari eparlainmodomoltostrano (almeno nella
versione inglese e forse in quella italiana, ma non nell’originale); un famoso
scrittore senza talento ma con un sacco di soldi che pensa di risolvere tutto
con il proprio denaro e qualche puttana omaggio (ricorda qualcuno?) e ha un nome
che è l’anagramma di “Haruki Murakami”; un protagonista-narratore senza nome,
capace di accroccare o-chazuke
e altre delizie in quattro e quattr’otto, che essendosi scopato
tutte e tre le supersquillo si accompagna con la tredicenne (però non se la
scopa – è un libro per famiglie, mica Nabokov), ma non si lascia scappare la
receptionist e comunque se la prende con Boy George perché “è grasso, è gay e
non sa cantare”.

La storia si svolge tra Sapporo, Hawaii e Tokyo – dalla casa del protagonista
a Shibuya a un esclusivo locale di Roppongi. Ci sono le lattughe addomesticate
di Kinokuniya, i Talking Heads, Schubert e Coltrane, il disprezzo per il
capitalismo senza freni (la citazione iniziale è solo una delle tante), Kafka,
una Subaru che tutti amano e una Maserati che invece non piace a nessuno, due
piedipiatti coi fiocchi e mille altre cose che non nomino per non trasformare
questo post in un elenco di elenchi.

La copertina della mia copia riporta uno stralcio dall’Observer:


Se Raymond Chandler avesse vissuto abbastanza da vedere Blade Runner,
avrebbe potuto scrivere qualcosa come Dance Dance Dance.

Con tutto il rispetto per Murakami – e per l’Observer, che fra l’altro è
il mio giornale della domenica preferito – eh no, non vale. Non serve scomodare
Chandler per dire che questo è uno di quei libri che rimangono dentro. Forse
dice meglio il Guardian (praticamente il fratello quotidiano
dell’Observer) quando coraggiosamente azzarda:

Probabilmente Murakami è già uno dei più grandi romanzieri viventi.

Il che, sì, lo accomunerebbe a Chandler, se fosse anche lui in vita.

L’aspetto più notevole di Dance Dance Dance è il senso del ritmo.
Niente si protrae più del necessario e la continuità narrativa è impeccabile –
quando c’è un cambio di scena, la conclusione di un capitolo contiene in germe
l’incipit del successivo. La neve fa spesso capolino – neve culturale e neve
sessuale da spalare – e anche la tredicenne si chiama Yuki (neve, per
l’appunto). La musica è un altro elemento importante: gli ascolti del
protagonista e quelli di Yuki si contrappongono e spesso si sovrappongono. Ciò
mi ha fatto riflettere: sono finiti i tempi in cui la musica leggera
contemporanea poteva mettere d’accordo una tredicenne e un uomo vent’anni più
anziano di lei. Il romanzo è del 1988 e la tredicenne Yuki ascoltava i Roxy
Music, i Rolling Stones, Bob Marley, gli Styx, David Bowie. Oggi che Yuki ha 34
anni – esattamente l’età del protagonista all’epoca dei fatti – chissà cosa
ascolta. Come vorrei conoscerti, Yuki.

La traduzione inglese di Alfred Birnbaum è davvero notevole. Non ho certo
affrontato Dance Dance Dance in lingua originale, ma avendo un’idea di
come funziona il giapponese, so che il traduttore ha fatto i salti mortali
carpiati all’indietro con doppio avvitamento per produrre la prosa oliata e
sbarazzina che ho letto. Altro che spalare neve.

Ho aperto il post con una citazione che espone il punto di vista del
protagonista sul mondo di oggi; chiudo con la citazione che mi ha colpito di
più.


Ognuno raggiunge il proprio picco in modi differenti. Ma chiunque tu sia, una
volta che sei in cima, è una discesa continua. Nessuno può farci niente. Quel
ch’è peggio è che non lo sai dov’è quel picco. Pensi che stai andando forte,
quando tutt’a un tratto hai superato la linea invisibile. Qualcuno arriva alla
vetta a dodici anni, e da quel punto in poi ha una vita insipida. Qualcuno
continua a salire fino alla morte; qualcuno muore in cima alla propria vetta.
Alcuni poeti e compositori hanno vissuto come furie, premendo sull’acceleratore
in maniera così spasmodica che a trent’anni erano belli e finiti. E poi ci sono
quelli come Picasso, che a ottant’anni suonati era ancora un innovatore.

素晴らしい、村上さん。


Come gran parte dei lettori italiani, ho conosciuto Haruki Murakami con
Tokyo Blues, quando secoli fa la mia amica yamatofona me ne regalò la
prima edizione italiana. Sarà più di un anno che ho comprato Dance Dance
Dance
, ma la pila di libri sul mio comodino non ha alcuna voglia di
assottigliarsi, e poi per qualche motivo misterioso i saggi vanno via sempre
prima dei romanzi; ma alla fine questo romanzo è uscito dal limbo e mi si è
travasato nel cervello nello spazio di pochi giorni. Credo ci resterà per un bel
pezzo.

A proposito di Tokyo Blues, il suo titolo originale è Noruwei no mori [ノルウェイの森]. La traduzione italiana
più recente ha come nuovo titolo Norwegian Wood, canzone dei Beatles in
cui si narra di una ragazza che prende il volo. È proprio la canzone che ha
ispirato il titolo giapponese, che però è approssimativo come solo i
giappinglesi sanno essere: in inglese, wood può significare sia
legno, sia bosco, mentre in giapponese mori significa soltanto
bosco (anzi, per la verità è proprio una foresta grande e fitta); però
nella canzone wood significa sempre e soltanto legno; chissà quella
foresta da dove viene fuori. ノルウェイの木材 (Noruwei no
mokuzai)?

<!– Pietre salvavita –>

Chissà perché, le conversazioni fra Youko e me sono sempre divise in due giornate. Anche l’altra volta è stato
così. Grazie alle magiche pietre salvavita, per questa volta penso che ce la
farà. Che sollievo! Alle volte ho davvero paura per lei. I giapponesi il
suicidio ce l’hanno proprio per vizio.

youko: 0Emo*1 [pupazzo ridicolo e gigantesco]
nihon ha chotto samui… [è un po’ freddo in giappone]

juanriccio: a! youko-chan! 🙂 [oh, youko! :)]
chotto yokunaru darou? [stai un po’ meglio?]

youko: fisicamente un po’ meglio
mentalmente.non mi sento troppo male.
(anche se non tutte cose non andandono bene)
se sono depressa ‘perfettamente’ non avrei comprato su..yahoo auction
^^; [smiley giapponese]

juanriccio: aha!
shopping – antidepressivo 😉
cosa hai comprato di bello?

youko: Imperial topaz and Oregon Sunstone
[Incoming file transfer: topaz.jpg]
[Incoming file transfer: oregon.jpg]
Imperial Topaz Oregon Sunstone

juanriccio: oh 🙂
carini (Y) [pollice in su]

youko: oregon sunstone
the effects are said ‘make feeling happy and upper’ [dice che ti rendono felice e di buon umore]
like shining sun [come il sole che splende]

juanriccio: sounds nice 🙂 [sembra buono]

youko: I read the imperial topaz’s effect are said , [dice che il topazio imperiale]
it will make the person who has the stone, [a chi lo indossa]
the person will feel ‘life is beautiful,I am happy to be born’ [gli fa pensare che la vita è bella e che è contento di essere nato]
ahahaha
and he/she will be more rich [e diventerà più ricco/ricca]
ahahahaha
no problem.I only wanted to have it.(without the real effects) [nessun problema. volevo solo la pietra (senza gli effetti)]

juanriccio: hehe, wise point of view… [atteggiamento saggio…]

youko: yeah.it is enough to feel happy having them [mi sento già felice ad averli]

juanriccio: (Y)

youko: yesterday’s dress was blue color,mermaid style [ieri mi sono vestita in blu, stile sirenetta]
sou…mada oshare shitai toha omouno [vedi? a quanto pare, ho ancora voglia di vestirmi carina]
cosi negli ultimi tempi
website tukurinaoshiteru [sto rimettendo a posto il mio sito]
ci sono antipatichi,pero
ma non vado vicino loro piu’

juanriccio: tukurinaosu koto ha, yosasou da ne [direi che è una cosa buona aggiustare il sito]

youko: good if I would be able to the problems with the cattivi, [sarebbe bello (risolvere?) i problemi con i cattivi]
without the real troubles. [senza problemi seri]

juanriccio: aha

youko: dakara imaha ii tomodachi to dake hanashite.
website tukutteru [perciò sto facendo un sito in cui possono parlare solo i buoni amici]

[ha aggiunto la moderazione ai commenti sul blog, ndj]

juanriccio: ii yone! (Y) [ben fatto!]

youko: blog de chotto iyami na baka ga itakara [sul blog c’era uno scemo che faceva commenti sarcastici]
:-# [bocca cucita]
no reply to him.any more [non gli rispondo più]

juanriccio: hai! [bene!]
iya na hito ni ha shinjinai to, daijoubu. [non credere a quelli che a pelle non ti piacciono]
sinjinakute, henji sinakute. [non credere e non rispondere]

youko: un [aha]
http://XXXXX.blog.shinobi.jp/

juanriccio: kawaii tarot nandarouuuuu 😀 [che bei tarocchi!]

youko: chotto demo juankun comment kaite:P [lasciami un commentino, dai 😛 ]

juanriccio: eh… wakattara, kakimasu ne. [eh… appena ci capisco qualcosa, scrivo un commento, ok]
:-S 😀

youko: juan kun ga kaitekurettara chou yorokobukara [perché se me lo lasci, sarò supercontenta]
italiago de iiyo [va bene anche in italiano!]

juanriccio: oh 🙂

youko: i cattivi sono gelosi.cosi se un italiano mi dice qualcuno,sarebbero piu’ gelosi.
ma ora posso pensare che sono felice di essere amici con te
cosi se non buone persone pensano male di me,VA BENE cosi.
anzi sono contenta
I let me ignore them [(ho imparato a?) ignorarli]
chotto tuyoku natta~~~~~~~ [sono diventata più forte]
(R)0Emo*3 [pupazzotto immondo]

juanriccio: 🙂 🙂
BRAVA!
(Y)

youko: (L) [cuoricino]
nihongo no blog ni comment muzukasii? [è difficile commentare un blog giapponese?]

juanriccio: chotto dake [beh, pochino]
yoku dekiru to omou kedo, [ma penso di farcela,]
ima ha seito wo tetudatteru tokoro dakara [però ora sto dando una mano a un allievo]

youko: un^-^ [a-ha :)]

juanriccio: (MSN nimo, seito ga ippai 😐 ) [ne ho parecchi su MSN]

youko: souka… [ah sì?]

juanriccio: si si
TASUKETEEEE to zuuutto tanomareru… [e mi chiedono aiuto in continuazione…]
😐

youko: ecco perche’ sei gentile

juanriccio: beh faccio quel che posso 🙂

[un po’ di tempo più tardi]

juanriccio: Fatto 🙂
ho commentato 😉

youko: arigatou [grazie]

juanriccio: dou itasimasite [prego]

youko: beh,se incontraremoci,potrei essere quella come monaca o per cui essere molto contenta,
e magari ti innamorarei ahah

juanriccio: huhuhu 😀
😉
meglio NON monaca 😛

youko: monaca di crausula yori ii? [meglio non monaca di clausura?]

juanriccio: tottemo [molto meglio]
monaca ni natte ha ikenai [farsi monaca non esiste proprio]
😛

youko: ahaha.sono ancora donna normale

juanriccio: meno male 😉
 

<!– Amiche in crisi –>

Negli ultimi tempi sto soccorrendo un sacco di amiche in crisi. Soccorso solo
verbale, beninteso, altrimenti c’è il rischio che un po’ di consolazione la
riceva anche Juan – e questo non deve mai succedere! Juan, essere superficiale,
inaffidabile e sostanzialmente stronzo, deve risolvere i suoi problemi da
solo.

Oggi in particolare ci sono stati tre, dico tre, episodi. La prima mi ha
raccontato dei suoi equilibrismi fra tre uomini diversi ma simili, continuando a
ripetere che “non è il mio stile fare così”; si vede che sta cambiando stile. La
seconda ha voglia di tradire il ragazzo che non se la scopa più e quindi ha dei
comprensibili sensi di colpa; però alla fine secondo me vinceranno le ragioni
della giusta sete. Ma il caso più penoso è quello della terza, la più indifesa
delle mie amiche: Youko, l’adolescente giapponese che però all’anagrafe risulta
ultraquarantenne.

youko: ciao


juanriccio: youkoooo 🙂


youko: 0Emo*2 [orsacchiotto gigante che saluta (una roba inguardabile)]


juanriccio: scusa, sono al lavoro, non posso parlar molto…


youko: ah,si,ma non preoccuparti..solo per salutarti.

negli ultimi tempi,prendo le medicine.

un po’ male.ma posso ridere.comunque.

allora parliamo a dopo


juanriccio: mannaggia

non ti imbottire di farmaci…

attenta!!

({) (K) [abbraccio – bacio]


youko: posso sorridere a tutti,ma ….
ora non posso non prendere le medicine.(sono un po’ depressa)

posso lavorare .mangiare .ridere,ma prendendole..

vorrei smettere a prendere.ma mi fa soffire.non posso

ma quando parlo con qualcuno.

mi fa piacere.cosi non molto grave

magari


juanriccio: dolce youko…

ma perché… sempre in preda alla depressione…?


youko: secondo quasi tutti amici ‘troppo gentile,cosi’

ma comunque se posso smettere a prenderle.non soffirando,vorrei farlo al piu’ possibile

0Emo*1 [pupazzetto (ancora più adolescenziale e orripilante del primo)]


juanriccio: provaci..


youko: sinzou ga itai [fa male al cuore]

ho male di quole


juanriccio: “cuore” to iu yo


youko: ah.cosi.non posso.solo pian piano


juanriccio: oh no, così non va però.

devi reagire…


youko: ma solo un problema e’ a smettere le
medicine.e’ difficile.a tutti chi le prende.per il collaterale

ma per fortuna.posso mangiare pensando ‘che buono’,anche
sorridere.ma e’ difficile..

(R) [arcobaleno] vorrei incontrarti

🙂


juanriccio: anche a me piacerebbe


youko: :)….comunque,anche se mi fa soffire a prenderle,.non mi
viene voglia di parlare con qualcuno.anche,ho voglia di
tenere chi vuole rimanare mio amico/a

kusuri dakeha kurusii
kedo..
[Però è dura andare avanti a medicine..]

atoha..daijoubu.. [Dopo andrà meglio..]

sinpai shinakute mo..
[Non serve che ti preoccupi..]

ti voglio bene

matane [ciao]


juanriccio: oh cara youko

anch’io ti voglio bene

mata……………….. (K) [ciao]


youko: (}) [abbraccio]

grazie per la tua gentile

Ho solo paura che un giorno Youko faccia la stupidaggine finale.


A posteriori, i casi di oggi sono diventati quattro. Mentre scrivo questo
post, c’è un’altra amica – extracomunitaria, gran pezzo di gnocca con una faccia
da angelo porcello, sposata in Spagna con due figli – che mi chiede se deve
tradire il marito con un ragazzo italiano che le piace tanto.

“With my husband we make only in weekends”,
dice. “Normal days he wake up at 6 and come home from work
very tired.”

Mi chiede frasi italiane da ripetere al suo potenziale amante; frasi da
allumeuse consumata. Continua a raccontare dettagli semi-sordidi, i suoi sensi
di colpa, si sente una poco di buono, tutto come da copione. Io mi arrapo e le
dico che no, non è una mignotta (e secondo me, davvero non lo è. Non più,
almeno). Anche la conclusione è perfettamente conforme al copione.

“ok thank you my friend realy, you are spacial
:)”
.

Non ce la faccio più. Davvero.

<!– Italy Today (brothels in arms) –>



Ahi serva Italia, di dolore ostello,

nave sanza nocchiere in gran tempesta,

non donna di province, ma bordello!





Disgraced, enslaved, poor Italy

with pain and shame you’re sore.

In stormy times without a guide,

just midgets at the oar.

Resembling once a village maid,

you now look like a whore.



Il fiorentino nasuto, che di esilio, purghe e purgatorio era un esperto, scriveva in endecasillabi; un esiliato contemporaneo forse direbbe le stesse cose a tempo di rap. Non dico Enzo Biagi (anche lui purgato di brutto), ma qualcuno più giovane – come all’epoca il sommo poeta – forse userebbe l’inglese; tanto poi in Italia certe cose non glie le farebbero pubblicare comunque. Quindi forse all’italianissimo verso endecasillabo preferirebbe qualcosa di più idiomatico: magari il common meter, costituito dall’alternanza di tetrametri e trimetri giambici.

E sì, il riferimento al midget (nanetto) l’ho dovuto infilare nella traduzione/traslazione per motivi puramente metrici (licenza poetica, traduttore traditore, post in translation, ecc.). Era ovvio, no?

Nonostante l’indiscutibile pregio del mio fine lavoro di rendering, non sono affatto al settimo cielo: piuttosto, siamo in prossimità del sesto (del Purgatorio).